Come fanno i terroristi a convincere delle persone a sacrificare la propria vita per ucciderne altre?  Qual è la Psicologia del Terrore?  Il loro obiettivo è quello di ferire quanti più “infedeli” possibili in un attentato oppure è un altro, forse più subdolo e pericoloso?
In questo articolo risponderemo a queste 3 domande.

 

 

Da dove ha origine la forza dell’IS

Lo Stato Islamico affascina, attrae.  Come ogni fondamentalismo, afferma di poter dare risposte certe e ricompense inestimabili a chi ha bisogno di certezze.
Crea un gruppo buono che viene messo in contrapposizione ad un gruppo esterno cattivo: gli infedeli.  Sostiene di poter rivelare il significato della vita a chi decide di abbracciare la sua causa.

L’organizzazione, nota agli occidentali con l’acronimo IS (o ISIS), pone le sue fondamenta su una religione, ma la sua potenza è di natura psicologica.

Lo Stato Islamico sfrutta la situazione di disagio di chi vive in zone degradate, la disperazione di chi rischia di non poter portare il piatto a tavola ai propri figli e vende il sogno di un grande popolo arabo unito e forte.

Sfruttando questi vuoti istituzionali, i jihadisti hanno offerto walfare, istruzione e lavoro alle popolazioni locali, ottenendo in cambio la loro lealtà.
La musica viene usata per rinforzare l’identità dell’organizzazione nell’immaginario collettivo.  I messaggi pubblicati sono pensati per stimolare quei soggetti facilmente suggestionabili.

 

 

La propaganda persuasiva

La spaventosa propaganda terroristica è ciò che ci fa capire che abbiamo di fronte a noi un nemico intelligente, molto lontano dall’idea degli “ignoranti tagliagole” che molti hanno.
Lo Stato Islamico ha un’attrazione morbosa per i nuovi media.
Se è vero che i filmini di al-Qaeda e di Osama bin Laden venivano registrati con telecamere di scarsa qualità, l’IS preferisce montare i suoi video con immagini ad alta definizione (spesso anche contraffatte), usa Twitter e altri social network per divulgare il suo credo e rimpolpare la schiera dei suoi sostenitori.
Come sottolinea Andrew Hart, l’IS è al-Qaeda sono organizzazioni così diverse tra loro che “la loro relazione è a volte tesa, e i due gruppi hanno sviluppato diverse tattiche, obiettivi e stili di leadership”.

E’ chiaro: l’obiettivo dello Stato Islamico è la manipolazione della realtà a loro favore.  Di questo i gerarchi dell’organizzazione ne sono consapevoli, e noi non possiamo che riconoscerne la bravura, purtroppo.

 

 

I veri obiettivi della macchina del terrore

Quando si pianifica un attentato, in realtà, gli obiettivi non sono le persone che cadranno vittime della follia omicidia dei terroristi.
I veri obiettivi sono quelli su cui non si esercita violenza fisica, cioé quelle persone che resteranno a guardare con orrore la tragedia.

In passato i cittadini potevano informarsi sui giornali o grazie alla narrazione di abili reporter.  Per quanto questi ultimi potessero essere abili narratori, però, vi era sempre un grado di separazione tra ciò che succedeva sul luogo dell’attentato e il telespettatore.
Con internet tutto è cambiato.  I cittadini sono catapultati nel conflitto sanguinario.  Ne diventano testimoni, ricevono in diretta gli aggiornamenti e spesso possono leggere i tweet di chi chiede aiuto mentre si trova intrappolato in una situazione disperata.

Mi è capitato di vedere poche ore fa un video su Facebook girato in diretta da uno spagnolo che riprendeva i morti e i feriti dell’attentato della Rambla, a Barcellona.
Da una parte ho provato delle emozioni molto forti, in quanto sembrava che stessi camminando in prima persona tra i cadaveri (l’inquadratura era ad altezza occhi), mentre dall’altra parte mi chiedevo:
“E se fosse questo ciò che vorrebbero loro?”
Di scatto, ho chiuso il portatile.

Possiamo quindi dire che l’atto terroristico e la sua spettacolarizzazione servono a ridurre il senso di controllo che ognuno di noi sente di avere sulla propria vita quotidiana.
Non c’è niente di più spaventoso per un essere umano di non riuscire ad avere un certo grado di controllo del quotidiano, di non riuscire a prevedere cosa accadrà il mattino dopo essere andato a dormire.
Tutto questo fa sprofondare le persone in uno stato di profonda impotenza.

Quando succede questo su vasta scala, la partita è chiusa: le masse sono in balìa degli abili strateghi del terrore.  Il terrorismo è manipolazione.

 

 

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La Psicologia del Terrore: prosciugare le risorse mentali ed economiche dei nemici

Clark R. McCauley, professore di psicologia al Bryn Mawr College, afferma che «Il terrorismo infligge danni immediati, distrugge vite e oggetti, ma la verità è che i terroristi sperano che i costi a lungo termine saranno molto più grandi.»
I terroristi vogliono creare paura e incertezza ben oltre le vittime che gli capitano a tiro.  Vogliono che il nemico sprechi tutto il suo tempo a pensare angosciosamente al prossimo attacco e che sperperi tutto il suo denaro nella sicurezza.
«In effetti – aggiunge McCauley – i terroristi mirano a creare una gigantesca tassa sulla testa dei cittadini dello Stato nemico.  Una tassa che costringe a trasferire risorse che sarebbero potute essere usate per scopi produttivi al posto di misure di sicurezza anti-produttive.»

 

 

Come togliere potere al terrorismo

Siamo soliti ascoltare in TV soluzioni a questi fenomeni dispensate da più fonti.
I conservatori ritengono che la migliore strategia sia quella di restringere l’immigrazione, aumentare la sorveglianza e ridurre i diritti individuali in favore dell’ordine.  Dall’altro lato, ci sono persone che, sentendo queste frasi, griderebbero al razzismo e al fascismo.
Non voglio farne una questione politica, perché ritengo che tutti noi abbiano fondamentalmente lo stesso obiettivo: proteggere noi stessi e i nostri cari.

Quello che bisogna sapere è che quanto peggiori sono le condizioni dei giovani musulmani nelle nostre società, tanto più alte sono le possibilità di un potenziale reclutamento del IS.
Attuare meccanismi di ghettizzazione che vedono gli occidentali reprimere gli islamici, non fa altro che creare ulteriori attriti tra “Noi” e “Loro”.

Come abbiamo visto, i furbi reclutatori dello Stato Islamico fanno leva sui sentimenti di rivalsa dei giovani.  I jihadisti si nutrono del disagio sociale e lo hanno utilizzato in Medio Oriente per creare il loro primo esercito: perché non dovrebbe valere anche per gli islamici che vivono in Europa?
Mettere i cristiani contro gli islamici non farà altro che portare sempre più musulmani ad abbracciare le ideologie fanatiche religiose.

 

Attenzione!  Evitare di usare categorie Noi/Loro (noi occidentali evoluti/loro islamici assassini) non vuol dire dialogare con chi attua la violenza.
Chi fa della violenza la sua vita fa represso in tutti i modi possibili.
L’obiettivo è quello di prevenire che il fenomeno si espanda.

 

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Lettura consigliata: “Non mi freghi” di Joe Navarro.
Puoi leggere un estratto del libro a questo indirizzo.Non mi freghi di Joe Navarro