Qualche giorno fa mi è capitato di discutere con un fan riguardo l’utilità del lamento.
Su questo tema le persone si dividono in due categorie: quelle che ritengono che il lamento sia un diritto che andrebbe esercitato incondizionatamente (anche al costo di frantumare i timpani degli altri) e quelle che vedono il lamento come un freno al cambiamento.
Che tu lo chiami “sfogo” o “piagnisteo”, oggi sfateremo i miti sui benefici del lamentarsi.
[1.] Non è vero che lamentarci ci fa sentire meglio
È convinzione comune che lamentarsi generi una sorta di effetto catartico.
Proprio come una valvola di sfogo di una pentola a pressione, il piagnucolio riuscirebbe a prevenire un qualcosa di più grande, come una crisi di nervi.
Ma non funziona esattamente così.
Il lamento, al posto di lenire le emozioni negative, le alimenta.
Numerosi studi hanno dimostrato che, quando si chiede alle persone di compiere determinate azioni per scaricare delle emozioni negative (es: prendendo a pugni dei cuscini, confrontandosi con chi le aveva fatte sentire male, o perfino fare un brutto fallo durante una partita di calcio), invece di ridurre la loro rabbia, queste azioni la amplificavano.
Perché? Parte il problema è la ripetizione.
Il lamento fa sì che l’evento negativo si ripeta costantemente nella tua mente.
Ripensare a quegli eventi in cui sei stato ferito, umiliato o mancato di rispetto, alimenta le sensazioni negative in maniera così forte da sembrare che siano accadute di nuovo nella vita reale.
Infine c’è il problema più grande: lamentarsi non risolve affatto il problema.
Esso influenza le emozioni (in modo negativo, come abbiamo visto), ma la sua utilità si esaurisce lì.
[2.] Lamentarti costantemente non farà interessare le persone ai tuoi problemi
Alcuni potrebbero controbattere:
“Lamentarmi non mi farà stare meglio, ma almeno attirerò l’attenzione delle persone, che si interesseranno a me e si occuperanno dei miei bisogni”.
Anche questo ragionamento si basa su una credenza sbagliata, cioè che le persone che palesano la loro insoddisfazione siano in grado di suscitare tenerezza negli altri, proprio come fanno i neonati.
Hai presente quando negli anni ’90 si organizzavano le feste di compleanno e si creava una lista di invitati su un foglio di carta?
Quando non esisteva ancora Facebook, la possibilità di creare un evento e invitare con una sola notifica tutti i nostri amici amici, si era soliti fare una lista di invitati con carta e penna.
L’ordine con cui venivano a mente le persone da invitare e inserire nella lista aveva un significato psicologico riguardo le relazioni che si avevano con quei soggetti.
Tutti noi abbiamo sempre avuto una persona che inserivamo all’ultimo posto della classifica, quasi come se ci rifiutassimo di invitarla.
E chi era quella persona? Era la lamentosa.
Quella persona che sembrava avere una sorta di aura negativa pronta ad avvolgere qualsiasi cosa entrasse in contatto con lei.
È facile capire perché il lamento sia così fastidioso, al punto tale da essere socialmente repellente.
Gli scienziati credono che il lamento eccessivo sia un mix tossico di focus su se stessi, umore negativo e insoddisfazione, i quali possono essere contagiosi e diffondersi con chi ci circonda.
Così come è possibile cadere in depressione se si entra in relazione con una persona depressa senza avere delle sufficienti risorse psichiche, ascoltare per troppo tempo dei lamenti inconsistenti mette a dura prova le nostre risorse cognitive e questo ci fa stare male.
Gli essere umani tendono ad evitare tutto ciò che genera in loro emozioni negative e quindi si capisce perché le persone che si lamentano con troppa insistenza vengono socialmente escluse.
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[3.] Attenzione: Non sto dicendo che le persone che si lamentano non vadano ascoltate!
Ovviamente non sto sostenendo di evitare le persone che ci esprimono il proprio disagio come se fossero degli appestati.
Sarebbe contro tutto ciò su cui si fonda la Psicologia.
Quello che sto cercando di dire è che si tratta di una questione di equilibrio.
E’ importante cercare supporto negli altri quando ti senti esausto, ma lamentarsi costantemente – soprattutto per cose superficiali – causa malessere negli altri e potrebbero decidere di ridurre il grado di pazienza riservato ai tuoi problemi.
Gestisci con parsimonia la pazienza dei tuoi amici e scomodala solo quando hai DAVVERO bisogno di supporto oppure rischierai di non trovarla nel momento di necessità.
[4.] Lamentarsi non migliora il tuo cervello
Tempo fa girava su Internet una notizia secondo cui lamentarsi farebbe bene al cervello, in quanto creerebbe nuove connessioni neuronali, generando numerosi effetti positivi.
Il punto è che si trattava di una fake news.
L’articolo si basava su una ricerca reale, ma interpretata in maniera fantasiosa.
Ciò che la ricerca originale affermava era che gli eventi negativi che si sperimentano nei primi anni di vita (come violenza fisica o abusi sessuali) possono avere un effetto sul cervello e modificarne la struttura dell’ippocampo.
Tuttavia, lamentarti con i tuoi colleghi di quanto sia stronzo il tuo capo oppure di quanto siano superficiali le donne che non accettano di uscire con te non modificherà un bel niente, se non la pazienza di chi ti circonda.
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Conclusione
Quindi, visto tutti questi effetti negativi del piagnisteo, sto forse consigliando di cucirsi la bocca e tenere i propri problemi per se stessi?
Non esattamente.
A volte lamentarsi è di vitale importanza.
Pensiamo a tutte quelle rivoluzioni che sono avvenute nei secoli scorsi e che sono nate da un semplice lamento partito da una singola persona, che si è poi esteso ad intere classi sociali.
Pensa a Martin Lutero, che fu il primo a lamentarsi dell’attività speculativa della Chiesa Cattolica, la quale nel Sedicesimo Secolo aveva iniziato a “vendere” l’accesso al Paradiso a chi era disposto a donarle i suoi averi.
Dal suo malcontento nacque una vera e propria Rivoluzione che causò molte spine nel fianco a principi e papi.
Ciò che mi interessa farti capire è che agire per realizzare un cambiamento è molto più importante della lamentela fine a se stessa.
I diritti civili, il miglioramento della qualità della vita e tante altre cose non si sono ottenute con la semplice lagna.
Le persone, una volta espresso il loro disagio, si sono riunite in organizzazioni e si sono mosse verso gli obiettivi che si erano prefissati.
Il lamento è solo la parte iniziale del processo di cambiamento e non l’unico passo che devi compiere, in attesa che qualcosa o qualcuno metta in moto il cambiamento al posto tuo.
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Articolo consigliato: “Resilienza: Come Costruire Il Nostro Kit Di Sopravvivenza”
Lettura consigliata: “Il metodo antistronzi. Come creare un ambiente di lavoro più civile e produttivo o sopravvivere se il tuo non lo è” di Robert Sutton.
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Fondatore di Psicologia Applicata.
Mi interesso di Psicologia, persuasione, tecnologia e di cucina giapponese che ha rovinato le mie finanze.
Il mio obiettivo è diffondere conoscenza, arricchire le persone ed estrarre il meglio da loro.
Il mio mantra è:
“La conoscenza è potere.”