Ultimamente il tema del futuro – e come sarà l’uomo del futuro – è salito alla ribalta.
Centinaia di scienziati e futuristi ipotizzano che entro la fine del secolo l’uomo sarà in grado di acquisire poteri divini grazie alla tecnologia.
Pensiamo, ad esempio, alla capacità di viaggiare di pianeta in pianeta (come ci promette il visionario Elon Mask quando ci presenta i suoi razzi per Marte) oppure la capacità di bloccare l’invecchiamento umano.

In realtà molti di noi già hanno un “superpotere”, il quale è spesso ignorato.
Sto parlando di un’abilità frutto di millenni di evoluzioni – un capolavoro della natura – che oggi ci permette di dominare il pianeta e non avere pericoli di cui preoccuparci (se non di noi stessi).

Si trova nel nostro cervello, grazie all’attività di speciali neuroni, che ci permettono – più o meno – di leggere la mente dei nostri simili.
Si chiama empatia.

 

 

Che cos’è l’empatia, in poche parole.

L’empatia è quella capacità di capire lo stato d’animo di chi ci circonda.
E’ lo strumento che le persone hanno per percepire i cambiamenti dell’umore altrui.

Sapendo cosa sta vivendo chi si ha di fronte, si possono pronunciare le parole giuste (o fare i gesti giusti) per portare l’altro “dalla nostra parte” e convincerlo a fare ciò che gli chiediamo.

 

Immagina di essere un poliziotto che ha appena colto un uomo sul punto di uccidere l’amante, magari perché quest’ultima l’ha appena lasciato.
Il criminale, scoperto, prende in ostaggio la donna e ordina al poliziotto di lasciarlo fuggire, oppure farà una strage.

Un buon poliziotto dovrebbe essere in grado di utilizzare le giuste parole per convincere l’altro a rilasciare l’ostaggio e mettere giù la pistola, evitando lo scontro prima ancora che inizi.

 

 

L’empatia serve a stroncare i conflitti prima ancora che questi nascano.

Sbaglieresti, se tu pensassi che l’empatia possa essere utile solo a chi deve negoziare per lavoro.

Anche quando devi convincere gli altri residenti del tuo condominio a pagare la propria quota, hai bisogno dell’empatia.
Anche quando devi capire perché i tuoi collaboratori non stanno dando il meglio di sé, hai bisogno dell’empatia.

Insomma, serve veramente in tutto.

 

Nessun animale ha sviluppato l’abilità empatica quanto l’essere umano.
Questa capacità di percepire i sentimenti altrui (e di comportarsi di conseguenza) ci ha permesso di anticipare i pensieri e i comportamenti di chi abbiamo di fronte.

 

Il responsabile di tutto questo sarebbe l’ossitocina, un ormone che altera l’attività elettrica del cervello migliorando la percezione delle emozioni altrui.
Non solo.
Le persone che hanno nel sangue alte dosi di ossitocina risultano avere un’autostima più alta e un comportamento più cordiale.

Un vero toccasana, se non vuoi farti molti nemici in questo mondo e vivere tranquillo.

 

 

L’empatia ci ha reso meno barbari.

L’empatia ci permette di fare molte cose di vitale importanza.
Innanzitutto, è ciò su cui si fonda la nostra natura umana e che ci ha permesso di costruire una società avanzata.
La capacità di mettersi nei panni dell’altro ha quantomeno ridotto la violenza che caratterizzava le società antiche.

 

Immaginati di vivere nella città di Babilonia, esistita 4.000 anni fa, in cui tutti i cittadini dovevano seguire il cosiddetto “Codice di Hammurabi“.
Si tratta di una lista di 282 leggi che il Re Hammurabi aveva fatto incidere su blocchi di pietra alti 2 metri e eretti in ogni angolo del regno.

Questo Codice si basava sulla “Legge del Taglione“, ovvero un principio secondo cui se tu facevi un torto a qualcuno, la pena che dovevi scontare era identica al torto o al danno che avevi provocato.
Riassunta in una frase: occhio per occhio, dente per dente.

 

Bene.
Immaginati di passeggiare tranquillamente per le strade di Babilonia quando senti una donna urlare.
Un ladro ha appena saccheggiato la sua bottega ed è corso via passandoti davanti, imboccando una stradina alla tua sinistra.

Decidi di voler fare un’opera di bene e quindi ti lanci nell’inseguimento.
Svolti l’angolo e… SBAM!
Sbatti contro un uomo anziano,
il quale cade rovinosamente a terra e si frattura il femore.
Le guardie, che hanno visto tutto dalla vicina piazza, si avvicinano e ti sollevano di peso per portarti in giudizio.

Si scopre che il vecchio che hai fatto cadere non è una semplice persona, ma è un awīlum, cioè un cittadino di diritto (una sorta di nobile).
Appartenendo alla classe più importante, non te la cavi con una semplice multa, ma la pena deve essere anche corporale: ti spezzano una gamba.

 

Eppure basterebbe un briciolo di empatia per comprendere che il tuo “delitto” non è stato volontario, ma involontario (e quindi darti tutte le attenuanti che meriteresti, tipo aver cercato di aiutare un’altra persona)!

 

Come sottolinea Jean Decety, psicologo dell’Università di Chicago, l’empatia nel tempo è stata il motore che ha spinto il comportamento umano verso la morale e la giustizia, per evitare che ci scannassimo tra simili.

 

Il Codice di Hammurabi è un esempio di quanto fosse assurda la mancanza di empatia nella giustizia dei popoli antichi, perché quelle leggi non tenevano minimamente in considerazione la responsabilità personale.
Ciò voleva dire che la pena non cambiava a seconda che il danno commesso fosse volontario o meno.
Per assurdo, se un architetto babilonese costruiva una casa e questa crollava a causa di un tornado, finendo per uccidere tutti quelli che c’erano dentro, l’architetto veniva giustiziato.

 

 

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Qualcuno, arso dal fuoco della giustizia, potrebbe dire:
Era giusto così!  Chi rompe deve pagare!

Certo che chi commette uno sbaglio deve pagare, ma non è corretto pensarla come i nostri antenati.
Ricorda che un giorno potresti essere tu quell’individuo che, per puro errore, potrebbe danneggiare qualcun altro.

 

 

L’empatia può essere rafforzata a qualsiasi età.

L’empatia (e in generale tutte le abilità collegate all’intelligenza emotiva) si sviluppano soprattutto nei primi anni di vita, quando il bambino è esposto con più frequenza a situazioni in cui bisogna riflettere sui propri sentimenti ed emozioni, in modo da riconoscerli in se stessi e negli altri.

 

Questo non deve scoraggiarti!
E’ possibile migliorare la propria empatia anche in età adulta.

Il modo più facile?
Leggere libri in cui è possibile mettersi nei panni dei personaggi.

Se la lettura non è mai stata il tuo forte e vuoi partire da zero, l’approccio meno traumatico è quello di iniziare a leggere libri i cui personaggi vivono esperienze a te molto sentite (es: un lutto, una relazione d’amore tormentata, il desiderio di rivalsa, ecc.) per poi passare gradualmente a letture più complesse.

Gli psicologi suggeriscono di fare pratica fino a quando non ci si sente a proprio agio con il cosiddetto genere letterario “fiction” (in cui rientrano autori come Hemingway, Dickens, Louis Stevenson, Tolstoj, ecc.), ovvero quel genere in cui la psicologia dei personaggi è quasi l’oggetto centrale dell’intera storia.

 

La chiave è acquisire la capacità di vedere le cose da un punto di vista diverso, per imparare a interpretare le emozioni, i gesti e i comportamenti degli altri.

 

 

Conclusione.

Il nostro cervello è una macchina straordinaria.
Spesso sottovalutiamo il suo potenziale e ci dimentichiamo che rappresentiamo un’eccezione in tutto l’Universo attualmente conosciuto, di conseguenza tendiamo o a sottostimare le nostre potenzialità.

Allena la tua empatia e scoprirai di poterla usare nelle situazioni più improbabili, tipo quando dovrai affrontare un conflitto con il tuo partner o anche solo per comprendere meglio i tuoi stati d’animo.

 

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Lettura consigliata: “Lavorare con Intelligenza Emotiva: come inventare un nuovo rapporto con il lavoro” di Daniel Goleman.
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